mercoledì, aprile 30, 2008

 

Sconfitta elettorale 2008. Antiche considerazioni


Gli amici Paolo e Corrado suggeriscono questa riflessione, di 168 anni fa. Vale ancora la pena di pensarci

Tratto da "De la démocratie en Amerique", Alexis De Tocqueville, 1840

«Può tuttavia accadere che un gusto eccessivo per i beni materiali porti gli uomini a mettersi nelle mani del primo padrone che si presenti loro. In effetti, nella vita di ogni popolo democratico, vi è un passaggio assai pericoloso. Quando il gusto per il benessere materiale si sviluppa più rapidamente della civilità e dell'abitudine alla libertà, arriva un momento in cui gli uomini si lasciano trascinare e quasi perdono la testa alla vista dei beni che stanno per conquistare. Preoccupati solo di fare fortuna, non riescono a cogliere lo stretto legame che unisce il benessere di ciascuno alla prosperità di tutti. In casi del genere, non sarà neanche necessario strappare loro i diritti di cui godono: saranno loro stessi a privarsene volentieri... Se un individuo abile e ambizioso riesce a impadronirsi del potere in un simile momento critico, troverà la strada aperta a qualsivoglia sopruso. Basterà che si preoccupi per un po' di curare gli interessi materiali e nessuno lo chiamerà a rispondere del resto. Che garantisca l'ordine anzitutto! Una nazione che chieda al suo governo il solo mantenimento dell'ordine è già schiava in fondo al cuore, schiava del suo benessere e da un momento all'altro può presentarsi l'uomo destinato ad asservirla. Quando la gran massa dei cittadini vuole occuparsi solo dei propri affari privati i più piccoli partiti possono impadronirsi del potere. Non è raro allora vedere sulla vasta scena del mondo delle moltitudini rappresentate da pochi uomini che parlano in nome di una folla assente o disattenta, che agiscono in mezzo all'universale immobilità disponendo a capriccio di ogni cosa: cambiando leggi e tiranneggiando a loro piacimento sui costumi; tanto che non si può fare a meno di rimanere stupefatti nel vedere in che mani indegne e deboli possa cadere un grande popolo».

martedì, aprile 15, 2008

 

Sconfitta elettorale 2008. A botta calda!

Almeno questa volta il candidato sconfitto riconosce il risultato, si congratula con l'avversario e probabilmente..... aspetta che gli piova in casa! Non è una gran soddisfazione, lo ammetto.

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Sconfitta elettorale 2008. Vox clamans

Economia Italiana -Un confronto per le elezioni-4GattiLSE
I quattro gatti... anche in video.
L'ho trovato tardi, non sarebbe servito a modificare i risultati, ma è interessante comunque, insieme alle precisazioni sul PIL. Grazie ugualmente, 4gatti.



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domenica, aprile 13, 2008

 

Elezioni 2008. Non tutti ...


Per fortuna non tutti stanno a casa a "misurare la puzza sotto il naso" e non tutti votano per "sentirsi pochi ma buoni".Penso a quella mia amica venuta a Milano per votare "in tutta coscienza e serenità", mi ha detto, "e senza dovermi turare il naso". Vota PD, ma non è questo il punto. Lei per partecipare, si sta sobbarcando a sue spese un (costoso e faticoso) viaggio in treno Germania - Italia - Germania, il tutto in meno di 24 ore; è arrivata ieri alle 17 ed è ripartita alle 11 di stamattina per tornare in famiglia e al lavoro.
Grazie Laura, spero che la tua volontà di partecipazione e la tua generosità ("lo faccio per voi che vivete qui" mi ha detto, ma so che vorrebbe anche evitare di tornare ad essere uno zimbello all'estero, insieme a tutti gli Italiani) siano premiate! Buon rientro!

gufo

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Elezioni 2008. Michele Serra, per amici e parenti

Trascrivo "L'AMACA" di oggi (su Repubblica)
Condivido quasi tutto ed è un'occasione per dedicare la parte finale ai (pochi, per fortuna) amici e parenti con comportamenti elettorali per me incomprensibili.

Andare a votare mi è sempre piaciuto, amo la banalità della democrazia, nutro simpatia per i seggi, gli scrutatori, i tabelloni appesi, le guardie che guardano, le matite copiative. Mi emoziono ogni volta, anche se le volte sono ormai tante, Non ho mai capito l'ignavie dei disinteressati, dei non partecipi per menefreghismo, e fatico a digerire anche la spocchia di quelli che non vanno a votare perchè "non si riconoscono" in nessun partito, chissà in che cosa si riconosceranno, nel Re di Atlantide, negli anelli di Saturno, nella barba di Bakunin, nella loro mamma?
Temo proprio che perderò anche questa volta, d'altra parte questo è sempre stato un Paese di destra, cattolico e di destra, gli elettori di sinistra sono abituati a perdere da generazioni, di padre in figlio, ci sono quelli che lo fanno apposta e votano l'estrema perchè è bello sentirsi pochi ma buoni, ci sono quelli che invece cercano di fare mucchio (come me) ma passano gli anni e il mucchio non è quasi mai abbastanza grosso per governare. Da quando vado a votare ho vinto solo un paio di volte su venti, è una media da retrocessione. Incredibilmente ci credo ancora, mi piace ancora, specialmente se penso a tutta la brava gente che si è fatta un gran mazzo in campagna elettorale.
Ho un paio di amici che rimarranno a casa, a misurare la puzza sotti il naso. Da dopodomani gli vorrò bene lo stesso, oggi no. Oggi li detesto.

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Elezioni 2008. Per chi vota Berlusconi in buona fede



Vecchia di qualche anno, ma ancora attuale. D'altronde il "nuovo" del giovane Berlusconi dura da 15 anni e il suo "vero programma" sintetizzato da Altan non pare cambiato di molto!

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Elezioni 2008. Stanchi di miracoli

Siamo stanchi di miracoli di ILVO DIAMANTI

Riflettere sul voto il giorno in cui si vota rischia di essere frustrante. Per chi scrive e per chi legge. Nel giorno del voto si attende solo l'esito del voto. Il dopo. Sul "prima" è stato detto tutto quel che c'era da dire. Semmai, qualcosa di più. Ma questa volta la frustrazione dell'analista, se possibile, supera le occasioni precedenti. Per due ragioni, almeno.
La prima: si ha l'impressione di assistere al secondo turno delle elezioni del 2006. Che si svolge non due settimane, ma due anni dopo. L'equilibrio sostanziale del voto, alla Camera; la mancanza di una maggioranza reale al Senato: hanno costretto Prodi quasi a "fingere" di governare.

Un tentativo generoso quanto improbabile. Assediato dall'esterno e dall'interno. Dall'opposizione di Berlusconi, che ha continuato a "disconoscere" la legittimità del risultato. E dai sedicenti alleati, mossi da fini particolari e particolaristici, alla ricerca continua di visibilità e distinzione.

La seconda ragione che rende difficile presentare questa consultazione riguarda l'incertezza. (a) Quella degli elettori, che continua ad essere alta. D'altronde, due anni fa il 9% dichiarò di aver deciso per chi votare nelle ultime 24 ore. Il 6% il giorno stesso. E questa volta l'indecisione è accentuata, in parte, dalle novità dell'offerta politica. Partiti nuovi, sigle nuove, alleanze nuove. (b) L'incertezza degli analisti, degli esperti di opinione pubblica, dei pollster (sondaggisti). Mai come in questa occasione i sondaggi sono stati citati, presentati e pubblicati un po' dovunque. Da sigle e figure note e da altre meno note. Alcune perfino ignote. Usati dai candidati in campagna elettorale, come strumenti di persuasione. Branditi come armi di propaganda. O ancora: ripudiati. Sondaggi e sondaggisti. A seconda dell'interesse e dell'opportunità. Anche a prescindere dagli abusi che hanno contrassegnato il ricorso ai sondaggi, è diffusa, fra gli esperti, l'impressione che al fondo della decisione di voto vi sia un fondo difficile da esplorare. Irraggiungibile a ogni tentativo di scavo. Non solo per imperfezioni e imprecisioni metodologiche. Perché, più semplicemente, molti elettori, alla fine, decidono diversamente da come pensavano solo pochi giorni prima. Perché, inoltre, in molti casi oppongono un atteggiamento reticente a chi si propone di sondare la loro scelta. Talora - non di rado - mentono.
D'altronde, diversamente da altrove, in Italia il voto continua a marcare l'identità personale. Un segno di riconoscimento. E di stigmatizzazione.

Per cui, incerti gli elettori, gli analisti e i sondaggisti: l'esercizio di pre-vedere diventa frustrante. Molto meglio, allora, vedere. Dopo che l'esito sarà più chiaro.

Più che riproporre bilanci oppure lanciare appelli (non ne saremmo capaci), dunque, di questa elezione sembra utile sottolineare i numerosi, rilevanti elementi di novità proposti. Insieme alla continuità di fondo che li lega.

1) In queste elezioni si sperimenta la capacità di attrazione di due nuovi partiti "larghi": Pd e Pdl. Due contenitori, in cui convergono identità, componenti sociali, interessi e culture differenti. Due partiti maggioritari e personalizzati. Presidenziali, diremmo. Un modello imposto dal Pd, alle primarie dello scorso ottobre. Dopo un cammino lungo 12 anni. E riprodotto, in fretta, da Berlusconi, un mese dopo, con il Pdl. Non solo per il timore di recitare la parte del "vecchio avanzato"; lui, che, dopo il crollo della prima Repubblica, ha interpretato "il nuovo che avanza". Anche perché, in questo modo, ha potuto allargare il suo "partito personale", facendo confluire, nel medesimo alveo, An accanto a Fi. Senza congressi, dibattiti, confronti. Senza consultazioni né primarie. Così: con un colpo d'ala. Secondo lo stile - e il temperamento - del Cavaliere.

2) Nuovo appare anche l'orientamento della campagna elettorale. Per la prima volta, dal 1994 a oggi, non ha riprodotto i toni e l'andamento di una campagna militare. Anzi, semmai, è apparsa un po' pallida. Sottovoce. Rutilante solo per quel che riguarda le promesse promesse. Tante, troppe. Spesso poco credibili. Comunque, poco fondate. Una campagna sottotraccia. Fino alla vigilia. A una settimana dal voto. Quando il Cavaliere ha ceduto alla sua indole. È tornato il Caimano. In pochi giorni, ha attaccato Di Pietro e i magistrati. Le istituzioni ostili. Ha suggerito (come "ipotesi di scuola", ovviamente) le dimissioni di Napolitano. Si è, finalmente, liberato dell'atteggiamento "educato" verso Veltroni e il Pd. Ultimi eredi - mascherati - della tradizione comunista. Ha permesso, in questo modo, a Walter di smettere, per un momento, il volto sorridente di Obama. E di usare, come un'arma, lo stile politicamente corretto. Marcando la distanza fra Obama e il Caimano.

3) Decisamente nuovi, infine, gli attori. Il confronto personale, infatti, non ha opposto Berlusconi a Prodi. Per la prima volta, dal 1994. Perché, anche nel 2001, quando il centrosinistra candidò Rutelli, si percepiva l'ombra lunga di Prodi. Il leader dell'Ulivo. Ma oggi il professore è fuori gioco. Il leader del Pd è Veltroni. Il che costituisce una novità. Come è nuova la presenza autonoma di altri leader. Casini: fino ad oggi fedele a Berlusconi. Lo stesso Bertinotti. Il cui avversario da battere è la logica del voto utile. Impersonata da Veltroni.

4) Tante novità, tuttavia, avvengono dentro strutture politiche e normative largamente tradizionali, per non dire vecchie. È il paradosso italiano. L'ossimoro nazionale. Per cui partiti maggioritari, partiti personalizzati e quasi personali si sviluppano dentro una legge elettorale proporzionale e "partitocratica". Si assiste a una campagna di tipo presidenzialista, fra due candidati presidenziali: senza presidenzialismo. Alla sfida diretta, quasi "privata", fra Berlusconi e Veltroni: senza neppure un faccia a faccia in televisione. Si mira, esplicitamente, a superare l'antiberlusconismo, ad abbattere il muro di Arcore. Con la presenza e il contributo di Silvio Berlusconi. Inventore della seconda Repubblica; dal 1993, al centro della scena politica e di ogni competizione elettorale.

È proprio vero: noi italiani siamo "strani", come ha rammentato ieri Marc Lazar, sulle colonne di questo giornale. Confidiamo sempre della nostra proverbiale "arte di arrangiarci". Contiamo di cambiare tutto lasciando tutto uguale a prima. Bravi a reagire alle emergenze, noi italiani. A inventare qualcosa di nuovo, quando tutti ci danno per finiti. A sorprendere e a sorprenderci. In attesa di uomini della provvidenza, inviati (e, magari, unti) dal Signore.
Personalmente, però, saremmo stanchi di miracoli.

(13 aprile 2008)

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Elezioni 2008. Visti da fuori. Zimbelli?

IL CASO / La stampa straniera
Il solito melodramma
di VITTORIO ZUCCONI

Tra il "comic book" e il melodramma, come la sceneggiatura di un brutto film che rimastica se stesso senza mai arrivare a un finale, queste elezioni italiane del 2008 sembrano a chi le guarda da oltre i confini ancor meno comprensibili e ancor più deprimenti di quelle che le hanno precedute. Un personaggio da fumetti, che ripropone 14 anni dopo sempre lo stesso "mix di gaffes, potere mediatico, promesse stravaganti e gigioneria" (Il Times di Londra) duella contro un "Mr. Nice Guy", il signor Gentile, lo "Italy's Obama" come lo aveva battezzato lo stesso quotidiano londinese, che si propone come "tutto ciò che Berlusconi non è", "un unificatore contro un polarizzatore", un possibile campione dei più giovani contro i più vecchi.

E attorno a loro il pulviscolo orbitante di "usual suspects" che fanno, a chi ci vuole ancora bene e di noi si occupa, tristezza, nella concorde profezia internazionale del "declino".

Ci fu, vissuto a Washington, a Londra o a Bruxelles, il tempo teso dei moniti paternalistici lanciati dai tutori americani a votare "bene", vale a dire qualunque partito non fosse comunista. Ci furono poi il tempo dell'angoscia, per la nostra nazione che sembrava sbandare verso la guerriglia, il tempo dello sbalordimento, per un'Italia che in pochi mesi finse di rifondare la Repubblica, il tempo dello stupore per i secessionisti da commedia dialettale con le ampolle di acqua santa del Po, dell'ironica sorpresa per il "tycoon" venuto dal nulla che l'Economist pronunciò seccamente, nel 2001, "unfit to govern", incapace e inadatto a governare. E venne infine questo 2008, il tempo brutto della commiserazione per questa elezione sempre incomprensibile, ma in fondo perfettamente simbolica, scrive il Guardian, di "una nazione che non riesce a sbarazzarsi della propria spazzatura dalle strade delle città e dei rottami dai palazzi del potere".

L'autoannunciato ritorno di "Mr. Berlusconi" non è un evento semplice da capire e spiegare per i media e per il pubblico di grandi nazioni che negli stessi 14 anni dalla sua prima vittoria hanno attraversato le nostre stesse crisi internazionali, ma sono riusciti a cambiare completamente e serenamente la propria dirigenza politica. Quando "l'uomo dei fumetti" assurse alla prima carica esecutiva d'Italia nel 1994, in Francia governavano François Mitterrand e Pierre Beregovoy; in Inghilterra John Major; in Spagna Felipe Gonzalez; in Germania Helmuth Kohl; in Russia Boris Eltsin; in Grecia Costantino Mitsotakis; in Portogallo Cavao Silva; negli Stati Uniti Bill Clinton. Le ruote delle democrazie oltre confine hanno compiuto, in questi tre lustri, rotazioni complete di leader e di personale dirigente. In Italia, ritornano. "Silvio Berlusconi - scrivono in Australia i commentatori della Abc network - si è rifatto la faccia con la plastica, si è rifatto il cuore con il pacemaker, si è rifatto la capigliatura con una sorta di astroturf di erba artificiale" e si prepara, se i sondaggi sono veritieri, a smentire la legge secondo la quale "in politica non ci sono seconde chance dopo le sconfitte, ma ce ne possono essere per lui addirittura una terza o una quarta".

Dagli anni dei governi delle porte girevoli, vige una benevola e sardonica indifferenza per la vita politica italiana, raccontata come un'opera buffa con qualche acuto tragico e largamente irrilevante, per il resto del mondo. Ma questo generale "benign neglect", questa in fondo affettuosa trascuratezza per il melodramma italiana, ha preso, negli anni 2000, una coloritura assai più torva e inquieta. La convergenza di fatti e di simboli, dalla spazzatura di Napoli alla agitazione per l'umile mozzarella, dalla rivelazione dello stato di profonda corruzione sistemica e para mafiosa affiorata con Mani Pulite alla preoccupazione per l'agonia della settima economia mondiale incapace di reagire allo shock dell'11 settembre come altre seppero fare, ha cambiato i toni e strappato gli occhiali affettuosamente paternalistici a chi ci guarda.

Dalle copertine dei grandi settimanali alle inconsuete e irrituali interviste dell'ambasciatore americano uscente, Richard Spogli, sul rischio di declino e di irrilevanza italiana, i giudizi sull'Italia si sono tutti via via incupiti. Anche oltre la tentazione giornalistica del "peggiorismo" che fa notizia, gli occhi che ci guardano da lontano non possono fare a meno di notare, come di nuovo fa un giornale moderato ed editorialmente conservatore quale il Wall Street Journal, la peculiarità di una nazione nella quale "un uomo politico può essere oggetto di almeno una dozzina di inchiesta giudiziarie e imputato in sei processo penali e ancora essere in testa nei sondaggi di popolarità, mentre in altri paesi la sua carriera politica sarebbe stata stroncata".

Se la spazzatura napoletana dilaga sui teleschermi, altrettanto fa sulle pagine dei giornali la storia squallida dei cannoli di Totò Cuffaro, e il New York Times tenta di ridere di fronte allo "endless clowning", alle continue buffonerie del candidato di testa che finge di stramazzare dopo avere addentato una mozzarella alla diossina e "dice qualunque cosa gli passi per la testa, compresa la proposta di sottoporre i magistrati a esami psichiatrici". E ironizza, con molto understatement anglosassone sulle lamentazioni di lui che geme "sotto la croce sempre più pesante del governo che vuole caricarsi in spalla per la terza volta". Il risultato dell'opera buffa, del "clowning", delle promesse, rischia di essere alla fine, almeno "inconcludente", se non "paralizzante". La croce, sembra voler dire il giornale, alla fine non la porta lui, ma noi.

Impossibile, per chiunque sia avvicinato da un conoscente o da un intervistatore straniero, spiegare come sia stato possibile arrivare a una nuova elezione organizzandola con la stessa legge che rese fallimentare la precedente. E che ora "paradossalmente potrebbe rivoltarsi proprio contro Berlusconi che la volle per danneggiare gli avversarsi e che ha rifiutato di modificarla" (New York Times).

Incredibile, per cittadini americani, francesi, inglesi, spagnoli, tedeschi, immaginare che gli italiani abbiano permesso che i due contendenti principali, Berlusconi e Veltroni, non si siano misurati in un confronto diretto, o anche plurimo ma almeno contemporaneo, mentre soltanto fra Barack Obama e Hillary Clinton se ne sono tenuti, se i conteggi sono corretti, ventitré dall'inizio della stagione elettorale, nascondendosi dietro un cavillo leguleio che si sarebbe facilmente superato con la volontà di chi si è sottratto e con la pressione dell'opinione pubblica.

"La politica italiana è sempre stata un teatro dell'assurdo" commentava arrendendosi il New York Times, mentre notava che il duello finale si svolge fra un "baby boomer amante del rock 'n' roll" e "un politico che tenta per la terza volta di rinascere dalle proprie ceneri". Il risultato, secondo il sito di dritte per le scommesse, www.ibetips.com, è scontato. Berlusconi paga appena 20 centesimi per ogni euro puntato e le probabilità di vittoria sono calcolate al 100 per 100. Per i giocatori esteri, altri cinque anni di "endless clowning" ci attendono. Per lui, la croce.

(13 aprile 2008)

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Elezioni 2008. Si può fare



dal comizio di chiusura a Milano

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Elezioni 2008. Siate popolo sovrano. La parola a Scalfari

Oggi possiamo cambiare il Paese di EUGENIO SCALFARI

SOLE e nuvole si alternano nei cieli d'Italia in questi giorni di un aprile che trattiene ancora una coda d'inverno ma preannuncia col verde dei prati e il profumo dei fiori la più dolce stagione dell'anno. Così ci auguriamo che sia anche per la società italiana, appesantita dai tanti fardelli del passato ma desiderosa di riprendere slancio e di lavorare per un futuro meno avaro di speranze e di risultati.

Vedo che la preoccupazione maggiore di molti osservatori delle vicende politiche, giunti alla scadenza della campagna elettorale, si appunta sul dopo elezioni. Quale che sia l'esito, vinca l'uno o l'altro dei due principali competitori, si teme che dalle urne non esca una netta vittoria e di conseguenza un governo più affannato a durare che capace di affrontare i problemi di fondo che incombono sull'Italia, sull'Europa e sul mondo intero.

Si ripropone a questo punto un tema con il quale siamo alle prese da quindici anni, cioè dall'irruzione di Silvio Berlusconi nella politica: quello della sua legittimità, quello dell'anomalia da lui introdotta nella democrazia italiana e della sua demonizzazione da parte di quella metà del Paese che non si riconosce in lui e lo considera a tutti gli effetti il nemico pubblico numero uno.

Questo diffuso sentimento di delegittimazione che provoca inevitabilmente un'analoga reazione, condizionerà la fase politica successiva al voto? Renderà ancora più arduo governare? Spingerà il vincitore a esercitare vendette e discriminazioni contro i perdenti? Trasformerà l'autorevolezza in autoritarismo seguendo uno schema purtroppo frequente nella nostra storia?

La maggior parte degli osservatori indipendenti riconosce a Walter Veltroni d'aver condotto una campagna elettorale misurata e responsabile, senza toni di rissa, senza attacchi scomposti all'avversario, innovativa ed equilibrata sugli impegni assunti con gli elettori. Il timore che si fa strada in queste ore di pausa e di attesa, anche di fronte alle frequenti incontinenze del leader di centrodestra, è che questo clima possa radicalmente cambiare.

L'esperienza dei due anni passati, durante i quali l'opposizione di centrodestra non ha fatto altro che puntare sulla "spallata" per sgominare l'esile maggioranza di Prodi al Senato pesa giustamente nel ricordo di quanti seguono con attenzione le vicende della politica. Non potendo chiedere a Berlusconi di correggere la sua natura, lo chiedono a Veltroni: quale che sarà la sua posizione post-elettorale, spetterebbe a lui e sopportare con inesauribile pazienza gli spiriti animali dell'avversario.

Doppio gravame per Veltroni e per quella metà del paese che non si riconosce in Berlusconi: blandirlo in caso di vittoria dei democratici, sopportarlo se fosse lui a prevalere di poco senza imitare quanto lui stesso fece. Chiedere che i democratici ed il loro leader si assumano questa duplice responsabilità significa considerarli come la parte politica più responsabile. Per certi aspetti suona come un titolo di merito, per altri somiglia ad una "mission impossible": fare da punching ball non piace a nessuno e non sta scritto in nessun luogo che sia sempre e comunque utile al Paese.

In realtà - chi lo conosce bene lo sa - non è un fascista e neppure un dittatore nel senso militaresco del termine. Non è spietato. Non è xenofobo. Non è razzista. Berlusconi è un pubblicitario. Un venditore. Venderebbe qualunque cosa. Sia detto senza offesa per i pubblicitari di professione: lui è pubblicitario nell'anima, venditore nell'anima.

Quando vende patacche (e gli accade spesso) si convince rapidamente che la sua patacca vale oro zecchino. Perciò è bugiardo con la ferma convinzione di dire sempre la verità. Come tutti i venditori bugiardi è un imbonitore. Come tutti gli imbonitori è un demagogo. Non ha il senso della misura. Strafà. Non rispetta nessuna regola perché le regole le fa solo lui. Guardate l'ultimo atto della sua campagna elettorale, venerdì sera. Pochi minuti alla mezzanotte. Matrix, cioè casa sua, Canale 5. Conduttore Enrico Mentana.

Prima di lui aveva parlato Veltroni per cinquanta minuti. Lui era stato brevemente intervistato da Mimun per il telegiornale delle 20. Poi si era ritirato nello studio del direttore e di lì aveva ascoltato il "récit" del suo avversario. Infine è arrivato il suo turno e ha impiegato gran parte del tempo a ribattere gli argomenti di chi l'aveva preceduto con molta enfasi e parecchi insulti.

Tanto Veltroni era stato pacato e raziocinante tanto lui ha mostrato i denti e la rabbia, ma fin qui niente di speciale, il bello, anzi il bruttissimo, è venuto dopo quando il suo show era terminato, Mentana aveva dichiarato chiusa la trasmissione e aveva cominciato ad illustrare il modo di votare correttamente con davanti un tabellone che riportava un facsimile di scheda elettorale.

Lui non se n'era andato dallo studio, era sempre lì ma fuoricampo. A un certo punto, nello stupore generale, è rientrato in campo, si è sostituito a Mentana ed ha indicato lui il modo di mettere la crocetta sulle schede. Prima che accadesse il peggio, che in realtà stava già accadendo, Mentana ha chiamato la pubblicità e l'indebito spettacolo è stato oscurato. Quest'episodio rivela meglio di qualunque discorso la natura del personaggio e dei suoi spiriti animali.

L'Economist ha scritto che Berlusconi è inadatto a governare una nazione. "Unfit". Non è un insulto e neppure una demonizzazione. Semplicemente una constatazione. "Unfit". Inadatto. Metà degli italiani, da Casini fino a Bertinotti passando per i democratici, la pensano esattamente allo stesso modo e così pure i governi e il Parlamento europei.
Si dirà: contano i voti che usciranno dalle urne. Giustissimo, contano i voti e solo i voti. Resta un Paese diviso in due non soltanto per differenze politiche ma anche da un giudizio sulla persona: "unfit", inadatto, imbonitore, demagogo, venditore di patacche. Metà del Paese pensa questo, ne ha conferma tutti i giorni e sarà molto difficile che cambi idea.

Ci sono infinite altre prove della sua "unfitness" oltre alla miseranda scenetta a Matrix. La più rivoltante è la proclamazione di Mangano, il finto stalliere di Arcore ad eroe. Non si capisce quale tipo di eroismo sia stato il suo, ma sappiamo che è stato condannato a tre ergastoli per associazione mafiosa.

Sappiamo anche che Dell'Utri è in qualche modo connesso a un tentativo di taroccare le schede degli italiani all'estero: un mafioso latitante in Argentina gli ha telefonato proponendogli quell'imbroglio ma Dell'Utri ha risposto di non esser lui la persona adatta e l'ha indirizzato al responsabile del suo partito per gli elettori all'estero, senza però informare di quel contatto né la magistratura né il ministero dell'Interno. Mentre brogli veri si preparano, il leader già ora, in via preventiva, manda in scena una campagna contro i brogli supposti per precostituirsi un alibi in caso di sconfitta elettorale come già fece per tutti i due anni del governo Prodi. "Unfit".

Sostiene di aver lasciato nel 2006 i conti pubblici in perfetto ordine. La controprova sta nelle cifre a causa delle quali siamo stati per due anni messi sotto processo dall'Europa e ne siamo usciti solo dopo le leggi finanziarie di Paoda-Schioppa.

Sostiene anche di aver realizzato il suo "contratto con gli italiani" per l'85 per cento durante gli anni del suo governo, ma in realtà non ha realizzato se non il 15 perché nessuna delle proposte è diventata legge pur disponendo di 100 voti di maggioranza alla Camera e 50 al Senato. Quei voti servivano ad approvare le leggi a suo personale beneficio, dall'abolizione del falso in bilancio alle norme giudiziarie che accorciavano i tempi di prescrizione dei processi, alla Gasparri che ha mantenuto in vita Retequattro contro le reiterate sentenze della Corte.

"Unfit". Si potrebbe e forse si dovrebbe continuare, ma a che pro? L'altro giorno ho ricevuto una lettera da un lettore che mi rimprovera perché - dice lui - ho un pregiudizio contro. Io non ho pregiudizi contro e neppure a favore. Esamino la realtà e conosco le persone. Lui è inadatto.

Venderebbe la Cupola di San Pietro al primo che ci creda. Purtroppo molti ci credono. Forse gli inadatti sono adatti ad una parte di questo Paese il quale, non a caso, è in declino. L'altro ieri l'Ocse ha dimostrato che il nostro declino ha toccato il culmine nel quinquennio 2001-2006. È proprio il quinquennio del suo governo. Sarà magari un caso ma è un dato di fatto e coi dati di fatto non si può polemizzare.

Il pareggio elettorale non ci sarà, o vince uno o vince l'altro. Ma al Senato questa regola vale di meno. Può accadere che uno vinca con una maggioranza relativa e non assoluta. Oppure con una maggioranza di pochissimi voti come fu per Prodi. Tuttavia chi vince anche per un solo voto dovrà governare perché questa è la regola in democrazia.

Veltroni ha proposto un patto di "lealtà repubblicana" che significa un'opposizione che controlla, propone alternative, ma non paralizza l'azione del governo votato dalla maggioranza. Berlusconi ha rifiutato questa proposta.

Questo è lo stato dei fatti. Voglio ancora una volta ricordare la frase di Petrolini a chi l'aveva fischiato.
Disse: "Io nun ce l'ho cò te ma cò quelli che te stanno vicino e nun t'hanno buttato de sotto". È la terza volta che la cito perché descrive splendidamente la situazione e mi sembra una buona chiusura nel giorno in cui andiamo a votare.

Si è creato in queste ultime ore un sommovimento nella pubblica opinione che ricorda quanto avvenne nel 1991 con il referendum di Mario Segni: un voto corale che fece saltare la Prima Repubblica ormai logora e dominata da una logora casta. Questo stesso sentimento può prevalere domani. Domani si può voltar pagina e aprire un ciclo nuovo che rimetta la politica al livello di un'Italia desiderosa di cambiare. Non sprecate questa grande occasione. Siate popolo sovrano perché è questo il vostro giorno.

(13 aprile 2008)

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Elezioni 2008. Basta incertezze, il gufo è stufo

Il gufo ha scelto. Se volete un consiglio fidatevi e andate a votare. Per chi volete.
Con questa canzoncina vi saluto (per ora) e vi auguro buon voto!

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Elezioni 2008. Ancora per gli incerti

Condivido l'impostazione di pensiero e trascrivo da DNEWS:

Il non voto è una non azione
Chi non vota non ha nessun diritto di lagnarsi. Contro chi dovrebbe farlo non avendo scelto? Il non voto è una non-azione, è sterile. Assumiamoci le nostre responsabilità.
Votiamo contro i bugiardi e contro chi in passato ha varato leggi insane per i propri interessi e oggi ha anche la faccia tosta di negarlo e contro chi ha voluto questa legge elettorale che non ci permette di scegliere i candidati da eleggere.

Perchè lamentarsi prima non votando? Votate e, casomai, lamentatevi dopo. Ci sono mille modi più intelligenti e più efficaci per farlo, ma DOPO aver votato.

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Elezioni 2008. Per gli incerti, da Fo a Foa

Fo: votare il Pd per sconfiggere Berlusconi

FIRENZE - Dario Fo e Franca Rame per Veltroni. Il premio Nobel, come riferisce l'ufficio stampa del Pd, nel corso di un convegno a Firenze è intervenuto per esprimere la volontà di appoggiare e votare Walter Veltroni. Per Franca Rame, senatrice uscente dell'IdV, "bisogna mettere da parte tutti i blocchi mentalie ricordare che, votando nel modo sbagliato, avremo Berlusconi per 12 anni, 5 come primo ministro e 7 come presidente della repubblica". Parlando ad un'iniziativa a sostegno di Francesco Pancho Pardi, capolista al Senato in Toscana per l'Italia dei Valori, anche la Rame perciò ha spiegato: "Puoi fare tutte le critiche che vuoi a Veltroni ma il voto va dato a lui. Basta che si pareggi al Senato e saremo rovinati. Bisogna assolutamente andare a votare e votare Veltroni". La stessa opinione di Dario Fo: "Berlusconi si prepara a tenere il potere per 12 anniprima da premier e poi da presidente della Repubblia, e questo è un rischio grave"

(da Repubblica, 12/04/08 pag.8)

“Non andare a votare, votare scheda bianca, annullare la scheda o votare per un partito di cui si è sicuri che non prenderà il quorum è la cosa più insulsa che un elettore, anche vagamente di sinistra, possa fare.

Significa avallare la negazione di ciò in cui crede, significa rendere più evidenti le ragioni che lo hanno portato ad esser deluso e sfiduciato, significa aumentare le sue amarezze e i suoi dubbi, significa favorire la fazione politica da cui è più distante.

E’ l’atto puerile del bambino che nasconde gli occhi con le mani per non vedere un fatto spiacevole e così facendo crede che quel fatto non avvenga.”

Vittorio Foa (testo riportato dalla mail di un amico)

Clicca per saperne di più su Dario Fo o su Vittorio Foa

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Elezioni 2008. Nanni Moretti per gli incerti

Nanni Moretti: ''Mai avuto dubbi: il Pd è la novità''
Roma, 11 apr. (Adnkronos) - "Non mi piace l'espressione e il concetto di 'voto utile', ma personalmente non ho mai avuto dubbi sul mio voto: il Partito democratico è la novità della politica italiana e forse l'ultima opportunità per non regalare definitivamente il Paese all'estremismo di Berlusconi e Bossi". Lo sostiene il regista Nanni Moretti (nella foto) in una video-intervista sul sito di 'MicroMega'. Il Cavaliere di oggi, secondo Moretti, è "addirittura peggiore" di quello del '94 per "aggressività, assenza di senso dello Stato e disprezzo delle istituzioni e in lui "c'è un'estraneità direi 'naturale' alle regole e al rispetto dei risultati che non gli sono favorevoli".Il cineasta afferma di non capire "come ci sia qualcuno che possa sostenere che i due uomini politici" Veltroni e Berlusconi "e i loro programmi politici si assomiglino o addirittura siano uguali. Tra i due poli le differenze sono enormi. Berlusconi è sempre più incantato e sempre più finto". Inoltre, "la nostra è una democrazia in parte svuotata dal quasi monopolio televisivo di Berlusconi".

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venerdì, aprile 11, 2008

 

Elezioni 2008. Chi lo scrisse?

Ho trovato in una lettera al numero odierno di DNEWS (uno dei tanti giornali distribuiti gratuitamente), a pag. 18, la citazione trasmessa dalla lettrice Corinna con piena adesione "Faccio mie queste parole...."
Ecco le parole, non siete obbligati a condividere tutto (il gufo lo fa in larga misura), ma siete invitati a indovinare (o ricordarne) l'autore:


"La scoperta che c'è un'Italia berlusconiana mi colpisce molto: è la peggiore delle Italie che ho mai visto, e dire che che di Italie brutte nella mia lunga vita ne ho viste moltissime... Però la volgarità, la bassezza di questa Italia qui non l'avevo vista nè sentita mai. Il berlusconismo è veramente la feccia che risale il pozzo"










ed ecco l'autore: INDRO MONTANELLI
Per saperne di più Clicca qui

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Elezioni 2008. Elettori in bilico

Un bell'articolo di Ilvo Diamanti descrive la situazione dei - tanti - elettori che fino all'ultimo sono incerti o pensano di astenersi.
Per gli incerti si parla di "certezza inconsapevole" che in cabina manifesteranno la scelta di sempre.
Novità invece nel campo degli astensionisti, non più riconducibili alle sole due aree dei marginali e degli indifferenti; in queste elezioni, ricche di novità, compare anche l'area dell'astensionismo attivo, quello proclamato e sbandierato. Area nuova, a sua volta schematizzabile come comprensiva di tre diversi gruppi di astensionisti:

Questi tre tipi di (mancati?) elettori sono accomunati dalla frustrazione dovuta all'assenza di un Nemico, il Berlusconi assente, "innominato" nei discorsi politici ed elettorali di Veltroni.

Infine, l'autore domanda ai vaffa, ai tradizionalisti, ai radical, "se sia davvero inattuale il paradigma montanelliano che invita a turarsi il naso e a votare il meno peggio. Per non contribuire con il loro (non) voto consapevole, a consegnare il governo del Paese nelle mani dell'Innominato."

Per vedere il pezzo originale Clicca Qui

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Elezioni 2008: nella cabina...

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Elezioni 2008. Cocktail "gufo", al ber-ber


Cliccare sull'immagine per ingrandire


Anche La Stampa ha un suo valutatore di posizioni elettorali: la posizione del gufo è chiara, come un cocktail composto da 3/4 Veltroni con una spruzzatina di Bertinotti e, come una ciliegina, una anche di Berlusconi. Agitare in un mixer e servire freddo! Allontana ogni idea di "inciucio"
per chi vuole provare a collocarsi, sono solo 20 domande: Qual è il Programma che fa per voi?


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mercoledì, aprile 09, 2008

 

Elezioni 2008. Eppur votar bisogna

Ecco l'articolo del mio caro amico Bruno che verrà pubblicato su "Il Domani di Bologna".
Sono d'accordo (come potrebbe essere altrimenti) sul fatto che tutti i voti siano utili e che si debba andare a votare. Non condivido il fatto che Bertinotti sia il grande sconfitto della brusca fine del progetto dell'Unione. Personalmente lo considero tra gli artefici di tale indiscutibile sconfitta. Quanto al tentativo di resuscitare una utopia concreta, di avviare
un nuovo corso della sinistra, non violento, critico e libertario, credo sia vero, rispettabile e anche auspicabile. Forse non realistico. Infine io andrò a votare e lo farò, mi pare, con maggiore ottimismo del mio amico, ma con altrettanta speranza e determinazione. buona lettura. Indecisi, incerti, indignàti, siate anche intelligenti, VOTATE!

EPPUR VOTAR BISOGNA
Il diritto di voto viene martellato ogni giorno dal cav. con la solerte
collaborazione del senatur Bossi e compagnia razzial leghista. Strano
paese l'Italia, dove se io grido ai quattro venti che e' ora di
imbracciare il fucile, mi ritrovo o al neurodeliri o con i carabinieri
in casa. E invece il capo di un partito al cui confronto il partito
bolscevico d'antan era un modello di democrazia, puo' dirlo e ridirlo
amplificato enne volte da tutte le televisioni del paese, in nome della
par condicio suppongo. Ma non basta. C'e' anche il democristiano tirato
fuori da qualche polveroso cassetto che rivuole il suo simbolo, e
minaccia piu' o meno apertamente attuali o future invalidazioni del
risultato elettorale. Quindi le grida sui brogli possibili, passati
futuri e inventati con la chiamata alle armi del PdL per formare
l'esercito degli scrutatori e osservatori che vigilino come un sol uomo
nei seggi contro la malaonesta' della sinistra. Non basta ancora.
Arrivano le schede e la richiesta, facendo la voce grossa, di
ristamparle secondo i desiderata del cav., col povero Amato costretto a
tirar fuori la legge porcellum riga per riga, onde giustificarsi. Anche
qua, ve lo vedete un comune cittadino che piglia a schiaffoni il
Ministro degli Interni, e questo invece di reagire per le rime, si trova
obbligato a convocare i giornalisti di mezza Italia per spiegare che lui
il compitino lo ha ben svolto! Poi ancora non basta. Dall'inizio ci
tempestano col voto utile, persino qualcuno del fu centrosinistra,
quando in democrazia, per definizione, ogni voto e' utile, a chiunque
sia dato.
Questa del voto utile e' la vergogna piu' subdola che viola lo spirito e
la lettera della Costituzione Repubblicana sub specie di battaglia
politica per il governo. A questa si accoppia anche la bufala dei
candidati premier: finche' varra' l'attuale Carta Costituzionale che, lo
ricordo, un referendum popolare ha rimesso pienamente in sella, il
Presidente del Consiglio e' designato dal Presidente della Repubblica e
il suo governo deve avere la fiducia del Parlamento. Le nostre non sono
in alcun senso elezioni presidenziali ne' alla francese ne'
all'americana e neppure alla Berlusconi in salsa padana. Anche qui: il
fatto che tutti si uniformino a una dizione impropria e truffaldina dice
semplicemente il degrado della nostra coscienza democratica, e dei
media. Il cav. e i suoi forse preferirebbero che a votare non si
andasse, e fossero sufficienti i sondaggi prepagati, oppure tutti in
cabina in gruppo come nei viaggi aziendali, e basta con questo scandalo
del voto individuale espressione del libero arbitrio, all'inglese suona
meglio: free will, libera volonta', che e' sintomo di pericolosa
anarchia e liberta' troppo sfrenata, non di governo stabile e gia'
preconfezionata magari in accordi di Palazzo e trasversali alla Casta.
Ma la cosa piu' triste l' ha raccontata Roberto Saviano, l'autore di
Gomorra, quando parlando del voto di scambio che dilaga al Sud
organizzato direttamante da mafie camorre eccetera, ha detto che vale
cinquanta (50) euro, mentre almeno una volta ti promettevano il posto di
lavoro. Ovvero il voto ha perso valore anche sul mercato illegale delle
organizzazioni criminali, cosi' come il lavoro del resto vale sempre
meno, basta guardare le buste paga! Una valanga di astensioni non
farebbe altro che rafforzare tutti costoro che del voto individuale e
libero vorrebbero sbarazzarsi, e sono parecchi, non solo a destra
purtroppo. Mentre a noi cittadini soltanto il voto rimane, nudo e crudo
e per il partito che vogliamo, nemmeno piu' per la persona o le persone
che riteniamo di eleggere nostri rappresentanti, scancellate dalla
politica di relazione con gli elettori e ammesse soltanto per
cooptazione nella Casta. Per questo eppur votar bisogna, nonostante.
Nonostante le delusioni innumerevoli che il centrosinistra ci ha dato,
nonostante la casta sempre piu' prepotente e volgare, nonostante
programmi politici tanto roboanti nella retorica quanto vuoti come
zucche nella sostanza. Programmi che non parlano di alcun problema
cruciale, l'energia, il prezzo del grano e del riso che vanno alle
stelle, la desertificazione di aree sempre piu' vaste del mondo, la
mancanza d'acqua che comincia a farsi sentire, le guerre un po'
dovunque, le modificazioni climatiche e l'effetto serra, l'enorme
valanga della crisi economica che ha cominciato a rotolare, la scuola,
la formazione, la ricerca scientifica che tra un po' nel nostro paese
non avra' nemmeno piu' il ruolo di ciliegina sulla torta (anche perche'
la torta va disparendo e le ciliegine migrano verso altri piu'
accoglienti lidi), e potrei continuare con la sanita', la bioetica,
l'autodeterminazione del corpo femminile (sia benedetto Ferrara che
almeno dice a alta voce cio' che molti reazionari pensano a bassa voce
e, peggio, fanno quando sono al potere, per esempio Formigoni e i suoi
crociati di comunione e liberazione in Lombardia) eccetera. Eppur votar
bisogna, anche perche' non e' che a fronte della casta politica sta una
societa' civile creativa, libera, generosa. Anzi dilagano corporazioni
rancorose, egoismi quasi tribali, ignoranza generalizzata, pregiudizi di
ogni genere, atteggiamenti fascistoidi dall'omofobia ai sentimenti anti
rom fino al razzismo vero e proprio. D'altra parte quando si e' lasciata
andare in malora la scuola, l'universita', la ricerca, il general
intellect o intelligenza sociale che dir si voglia non possono altro che
degradarsi e immelmarsi tra un talk show e un reality, sperando che
qualcuno intanto pensi per noi e risolva i reali problemi che
c'attanagliano ben oltre lo schermo televisivo. Il nostro paese e'
letteralmente alla frutta, dopo la mozzarella alla diossina, ecco il
vino adulterato, quello a basso costo velenoso in senso proprio, quello
di pregio, il Brunello, taroccato, e da prestigiose cantine (anche qui
poveri e ricchi non siedono alla stessa tavola, nemmeno se sono iscritti
allo stesso partito). Infine: eppur votar bisogna perche' alcune belle
facce ancora ci sono. Quelle di Anna Finocchiaro e Rita Borsellino, le
madri della Sicilia. Quella di Flavia d'Angeli, giovane precaria
combattiva. Quelle di Gavino Angius e Franco Grillini alla ricerca del
socialismo perduto e dell'introvabile stato laico. Quella triste e seria
di Bertinotti, il principale sconfitto insieme a Prodi dal disastro
dell' Unione, che tenta di resuscitare una utopia concreta, di avviare
un nuovo corso della sinistra, non violento, critico e libertario.
Almeno cosi' io la vorrei.
Bruno Giorgini

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Elezioni 2008. Davvero tutti uguali?

Se i due partiti maggiori sono uguali perchè votare? o, nel migliore dei casi, perchè non votare partiti minori (fino a ieri satelliti più o meno riottosi dei maggiori)? così il termine "Veltrusconi" ha fatto la sua comparsa per additare "l'inciucio" (orrida parola) agli elettori.
Ma è vero? Basta guardare la lettera di Veltroni (vedi sotto) dopo l'offensiva di Bossi e la replica del destinatario: 'Irricevibile da un erede del Pci” (Geniale risposta, molto originale! Ma che "ch'azzecca"? il PCI, co-fondatore della Repubblica, ha da sempre difeso la Costituzione) . O la proposta del Cavaliere: 'Sottoporre i pm a esami periodici di sanità mentale'”. O la dichiarzione del fedele Dell'Utri: "troppa Resistenza (ma lui usa l'iniziale minuscola), riscriveremo i libri di storia”, lo stesso candidato, eminenza grigia del PdL, che non esita a "riabilitare" un altro fedelissimo, lo stalliere Mangano, un "eroe" condannato all'ergastolo.
Allora, davvero tutti uguali?

La lettera di Veltroni

«Caro Berlusconi,

mi rivolgo a lei perchè penso si debba condividere, da italiani prima ancora che da candidati alla guida del paese, una sincera preoccupazione, resa tale da recenti atti e dichiarazioni politiche. E perché credo sia giusto e doveroso assumere, di fronte al popolo italiano, a tutti i cittadini, un impegno di chiarezza su alcune grandi questioni di principio, questioni che chiamerei di lealtà repubblicana.

Non penso ovviamente agli aspetti legati ai nostri programmi di governo, questi sono, e devono essere, distinti e alternativi, lasciati al libero confronto politico, come avviene nelle grandi democrazie. Saranno gli italiani a giudicare la bontà delle nostre proposte, la loro concretezza, la loro attuabilità. e chi guadagnerà un solo voto in più, è la mia convinzione che voglio ribadire ancora una volta, avrà il compito e l'onore di governare l'Italia, sulla base proprio del suo programma.

L'impegno che le chiedo e che io sono in grado di assumere con assoluta determinazione riguarda altro, riguarda di più, perchè ha a che fare con la vita, l'identità e le istituzioni del paese; con le basi stesse della nostra convivenza civile, con i valori che la presiedono e che in sessant'anni di storia repubblicana hanno permesso all'Italia di diventare la grande nazione che è, uno dei pilastri della nuova Europa.

Le chiedo allora se è disposto a garantire formalmente e in modo vincolante che lo schieramento da lei guidato, quale che sia il suo futuro ruolo, di opposizione o di maggioranza, non verrà mai meno in alcun modo e rispetterà sempre con convinzione questi quattro fondamentali principi: la difesa dell'unità nazionale, che è il bene più prezioso che abbiamo, il legame che ci fa sentire italiani e orgogliosi di esserlo; il rifiuto di ogni forma di violenza, attuata o anche solo predicata, e per questo portatrice di divisione e di odio; la fedeltà ai principi contenuti nella prima parte della nostra costituzione, fedeltà che non solo non contraddice, ma dovrà guidare, ogni impegno di adeguamento della seconda parte della carta; il riconoscimento e il rispetto della nostra storia, della nostra identità nazionale e dei suoi simboli, a cominciare dal tricolore e dall'inno di Mameli.

Gli italiani, su tutto questo, hanno il diritto di avere risposte e certezze. E chi, alla guida del governo o dell'opposizione, si appresta ad assumere le più grandi responsabilità, ha il dovere di assicurare tutto il suo impegno per garantirle, sapendo che prima di ogni altra cosa, al di sopra di ogni interesse di parte, c'è il bene comune, ci sono gli interessi nazionali».

Cordiali saluti,
Walter Veltroni

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Elezioni 2008. allegre canzoncine

in attesa del voto (e dei risultati) un po' di allegria col motivetto elettorale autoprodotto da alcuni elettori del PD.
è meglio delle false polemiche sulle schede o delle accuse a Franceschini per aver paragonato Bertinotti a Nader. meglio di tanti tantissimi aspetti di questa campagna, come la melliflua letterina del Berlusconi che alla quinta sua competizione elettorale accusa di vecchiume Veltroni e il PD.



e, per "par condicio", il motivo che piace a Silvio...
ricordando lo slogan "la sinistra ha messo in ginocchio l'Italia, noi l'avevamo sdraiata!"

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sabato, aprile 05, 2008

 

Elezioni 2008. Citazioni


Qualche frase, dal grande repertorio di Giovanni Sartori, dal Corriere, da Ballarò o dalle sue Trenta Lezioni. Mi paiono in tema con le elezioni e con la manipolazione e il controllo delle informazioni, con la disinformazione.

• Demagogia è l'arte di trascinare e incantare le masse che, secondo Aristotile, porta alla oligarchia o alla tirannide. In ogni caso, il termine indica un agire e un «mobilitare» dall'alto che non ha nulla da spartire con la democrazia come potere attivato dal basso. Il termine populismo è molto più recente e ci arriva dalla Russia, dove fu coniato alla metà dell'Ottocento per indicare una rivoluzione dei contadini (fermo restando che la parola narod sta, in russo, per popolo). Un significato che poi riemerge all'inizio del secolo scorso negli Stati Uniti. Il primo movimento fu represso, e il secondo fallì. Il che fece anche sparire la parola. (Corriere della Sera 7/10/2007)

• Ero anticomunista quando c'erano i comunisti: adesso che non ci sono più, non sono più anticomunista. (da Ballarò, 2005)

• Se le opinioni sono imposte, le elezioni non possono essere libere (La democrazia in 30 lezioni – Mondadori 2008)

• Un popolo sovrano che non ha nulla di suo da dire, senza opinioni proprie, conta come il due di coppe (La democrazia in 30 lezioni – Mondadori 2008)

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giovedì, aprile 03, 2008

 

Elezioni 2008: precisazioni su RFK



Una preziosa amica mi ha segnalato alcune difformità del testo di RFK postato qulache giorno fa, rispetto all'originale, che mi ha mandato insieme alla traduzione, e che qui riproduco. Indiscutibile l'attualità di queste parole, non vi pare? Mi ha anche indicato il video che vedete. grazie, Adriana.

Speech by Robert Kennedy, 18 March 1968, University of Kansas. Too much and for too long, we seemed to have surrendered personal excellence and community values in the mere accumulation of material things.
Our Gross National Product, now, is over $800 billion dollars a year, but that Gross National Product - if we judge the United States of America by that - that Gross National Product counts air pollution and cigarette advertising, and ambulances to clear our highways of carnage.
It counts special locks for our doors and the jails for the people who break them. It counts for the destruction of the redwood and the loss of our natural wonder in chaotic sprawl. It counts napalm and counts nuclear warheads and armored cars for the police to fight the riots in our cities.
It counts Whitman's rifle and Speck's knife*. And the television programs which glorify violence in order to sell toys to our children.
Yet the gross national product does not allow for the health of our children, the quality of their education or the joy of their play. It does not include the beauty of our poetry or the strength of our marriages, the intelligence of our public debate or the integrity of our public officials.
It measures neither our wit nor our courage, neither our wisdom nor our learning, neither our compassion nor our devotion to our country, it measures everything in short, except that which makes life worthwhile.
And it can tell us everything about America except why we are proud that we are Americans.

a.. Charles Joseph Whitman Student at the University of Texas at Austin who killed 14 people and wounded 31 others in August 1966. He did this shortly after murdering his wife and mother. He was eventually shot and killed by Austin police.
b.. Richard Franklin Speck systematically killed eight student nurses from South Chicago Community Hospital, Chicago, Illinois in July 1966.


Discorso di Robert Kennedy, 18 marzo 1968, Università del Kansas:
Troppo e per troppo tempo abbiamo affidato il significato di eccellenza personale e i valori di comunità alla pura accumulazione di beni materiali.
Il nostro Prodotto Interno Lordo, oggi, supera gli 800 miliardi di dollari all'anno, ma il Prodotto Interno Lordo - se è in base a quello che giudichiamo gli Stati Uniti d'America - comprende l'inquinamento dell'aria, e la pubblicità delle sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine.
Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che le forzano. Mette nel conto la distruzione delle nostre foreste di sequoia e la perdita delle nostre meraviglie naturali a causa della nostra caotica e disordinata crescita. Mette nel conto la produzione di napalm, di testate nucleari, e dei blindati che la polizia usa per sedare le rivolte nelle nostre strade.
Mette nel conto il fucile di Whitman e il coltello di Speck*. E i programmi televisivi che inneggiano alla violenza allo scopo di vendere giocattoli ai nostri bambini.
Tuttavia il PIL non dà conto della salute dei nostri bambini, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non include la bellezza della nostra poesia o la solidità dei nostri matrimoni, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri dipendenti pubblici.
Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra cultura, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese, in poche parole misura tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.
E ci può dire tutto sull'America, tranne il perché del nostro orgoglio di essere Americani.

a.. Charles Joseph Whitman Studente dell'Università del Texas, Austin che, nell'agosto 1966 dopo aver assassinato moglie e madre, uccise a fucilate14 persone e ne ferì 31. Fu ucciso dalla polizia di Austin.
b.. Richard Franklin Speck uccise sistematicamente otto studenti infermiere del South Chicago Community Hospital, Chcago, Illinois nel luglio del 1966.

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martedì, aprile 01, 2008

 

Elezioni 2008. Capire meglio l'economia

"It's Economy, stupid" recitava un cartello nello studio di Bill Clinton.
La pensava così anche Marx, I suppose.
Però ci capisco veramente poco, e non mi va di farmi subissare da slogan o affermazioni spesso privi di ogni senso salvo quello propagandistico.
A capire qualcosa di più mi hanno aiutato quattro studenti Master della London School of Economics, che hanno prodotto una presentazione dalla quale ho tratto le poche immagini che seguono.
ringrazio di cuore Fadi, Marco, Paolo e Salvatore.

Nota: cliccare per ingrandire




sono solo alcuni esempi, la presentazione spiega e documenta molto, molto di più, chiedetemela mandandomi il vostro indirizzo e-mail- io provvederò al più presto.

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