mercoledì, ottobre 01, 2008

 

Un "ripasso" con Cordero: dall'immunità al pm inerte

Prima di leggere l'articolo del 30/09 è interessante riguardare quello del 17/09 sempre di Cordero su Repubblica, con il titolo:

dall' immunità al pm inerte
Repubblica — 17 settembre 2008 pagina 36 sezione: COMMENTI - FRANCO CORDERO

Re lanterna punta diritto l' obiettivo e mani cortigianesche convertono gli ordini in formule più o meno tecniche: pretendeva l' immunità, fuori d' ogni decente visione politica, regola morale, grammatica giuridica, e due Camere servili gliela votano (rimane da stabilire quanto valga); il séguito era chiaro. Cantori pseudoliberal maledicono l' azione penale obbligatoria invocando «carriere separate», ossia un pubblico ministero agli ordini del governo. Idea vecchia, risale agli anni ottanta, quando B. Craxi voleva premunirsi avendo scheletri nell' armadio; se fosse riuscito, forse regnerebbe ancora il Caf, con un signor B. estraneo alla commedia politica e molto meno ricco. Siccome ne parlano anche i poco informati, sferrando tanti più pugni sul tavolo quanto meno sanno, conviene avere sotto gli occhi una breve storia. Nei secoli cosiddetti bui l' arnese giudiziario è uno solo, qualunque sia la lite: eredità, vendita d' un bue inidoneo all' aratro, percosse, lesioni, omicidio, ecc.; le parti se la risolvono mediante duelli, ordalie, giuramenti (li riabilita l' attuale presidente del Consiglio quando chiama folgori sulla testa dei figli, qualora fosse colpevole). Il processo nasce dalla domanda. L' interessato agisce se vuole. Questo meccanismo implica individui sovrani. L' avvento d' una res publica distingue le materie: nel diritto privato regna l' autonomia; norme penali tutelano interessi indisponibili e qui l' offeso non è attore necessario; la macchina repressiva scatta da sola. Tra XII e XIII secolo emergono due modelli, insulare e continentale: giurie inglesi d' accusa (ventiquattro teste) aprono dibattimenti culminanti nei verdetti d' un consesso che ne conta dodici, mentre sul continente la metamorfosi inquisitoria dissolve le parti; degli addottorati lavorano ex officio. Il pubblico ministero è neomorfismo francese, utile perché rompe la figura autistica con profitto del giudizio: i procureurs du Roi diventano padroni dell' azione, non avendo poteri istruttori; gli uffici attuali discendono dall' ordinamento napoleonico. Salta agli occhi un particolare italiano: nei codici 1865, 1913, 1930, ha l' obbligo d' agire sebbene «rappresenti il potere esecutivo presso l' autorità giudiziaria», diretto dal ministro; i virtuosi ignorano l' ordine iniquo, correndo dei rischi perché mancano garanzie. In teoria le norme contano più del governo: dal 1914 l' attore pubblico convinto che il processo sia superfluo, non può astenersene tout court, deve chiedere l' assenso del giudice istruttore; e l' azione resta obbligatoria nel codice fascista, dove i mancati processi subiscono un controllo cosiddetto gerarchico. Alfredo Rocco, architetto del regime, aveva scrupoli legalitari. Meno inibiti, i fautori d' una soi-disante «moderna democrazia» sotterrano anche l' idolo verbale. L' antietica al potere richiede meccanismi penali regolabili dal governo secondo un variabile tornaconto, dove entrano partiti, clan, logge, cosche, confraternite, famiglie, persone: viene comodo nella prospettiva d' un lungo dominio (finché duri l' autocrate, scomparso o affiochito il quale, saranno spettacolo da basso impero le guerre dei diadochi, speriamo senza effusione cruenta), ma è più facile dirlo che riuscirvi; nonostante il decerebramento mediatico, l' Italia non pare pronta agli affari penali disponibili come diritti reali o crediti; qui vale una fisiologica autonomia privata, là corrono false giustizie selettive, con soperchierie, privilegi, licenze, occhi riguardosamente chiusi; amministratori corrotti scavano enormi buchi nei bilanci mangiando denaro pubblico e nessuno li tocca, mentre va sulla graticola l' onesto antipatico ai boiardi. Inoltre la riforma appare complessa: che l' azione sia obbligatoria, non lo dicono solo norme codificate; l' hanno scritto i costituenti (art. 112); e le revisioni costituzionali seguono percorsi laboriosi col rischio d' uno scacco nell' eventuale referendum (art. 138). Osso duro, dunque, senonché i berluscones non sono mai a corto d' espedienti, spesso grossolani, nello stile degl' imbonitori da fiera: li tirano fuori dalla bisaccia presupponendo un pubblico infantile; «ha 11 anni», anzi meno, insegna l' Infallibile; e recitano impassibili, né sa d' autoironia lo sguardo spento. Nel pensatoio forzaitaliota qualcuno, non ricordo chi, fabulava d' un pubblico ministero imbeccato dalla polizia, cieco e monco: ridotto a pura ugola o mano scrivente, non ha cognizioni dirette; opera su quel che raccontano investigatori eventualmente manovrati dal vertice politico; e il governo stabilisce chi perseguire. Ecco quadrato il circolo. Idea grottesca ma Sua Maestà, la corte e relative platee hanno bocca buona. L' attuale guardasigilli l' ha esumata: i truccatori le stanno intorno; la pettinano e imbellettano; cosmesi lunga, passerà un mese prima che venga alla ribalta. Il colpo geniale corre voce che sia un filtro delle notitiae criminis: pubblico ministero inerte come l' automa al quale manca la corrente; gliela inietta il rapporto poliziesco (parola ignota all' attuale codice, pour cause: vi ha sostituito «denuncia»); e attendibili congetture prospettano un art. 347, c. 1, da cui cada l' inciso «senza ritardo» (così ora bisogna informarlo). Aspettiamo la revenante. Sarà l' ennesimo capitolo nello scibile dei mostri: quante volte ho nominato Ulisse Aldrovandi, raccoglitore d' una casistica spesso fiabesca; le cronache attuali indicano fenomeni corpulenti. Comunque la trucchino, l' estinta resterà tale. Norme simili nascono morte, finché viga l' attuale Carta o il Partito della cosiddetta libertà non infiltri otto fedeli nella Corte competente. Avvertimento inutile: hanno il passo dei sonnambuli sul tetto, ma diversamente dal sonnambulo ogni tanto cadono, vedi l' autore della strepitosamente invalida legge che rendeva inappellabili i proscioglimenti [avv. Gaetano Pecorella, nota del gufo], futuro giudice alla Consulta, pronosticano gl' intenditori, lui e l' ex comunista, [on. Luciano Violante, nota del gufo] presidente della Camera nell' infausta XIII legislatura, ora severo censore del costume togato. Lo dicono solidale con i forzaitalioti sulle redini da stringere al requirente e ha spiegato come lo voglia: seraficamente inattivo finché gli servano un rapporto; non è affare suo cercare notitiae criminis. Sommessamente distinguerei: niente da obiettare quando nobildonne russe sparano all' amante fedifrago (capitava nella Belle Epoque, donde famosi dibattimenti); solo un pubblico ministero mattoide va en quête preventiva d' eventi simili; nelle indagini contro boss mafiosi o politicanti corrotti, invece, grida vendetta l' idea d' una immobilità coatta su ogni ipotesi storica non ancora riferita dalla polizia. Se varca il limite, cosa capita? Buttiamo via i materiali raccolti, farina del diavolo? Varrà la pena discuterne in termini seri. Male studiata, la procedura penale talvolta figlia sgorbi, non ancora a questo livello teratologico. Sub divo Berluscone è prudente l' avverbio.

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Comments:
scrive difficile Cordero. sul tema Giustizia un blog di più agile comprensione e di contenuti sicuramente critici e interessanti è quello di Bruno Tinti.
Un bacione
Carolina
 
è vero, non sempre è comprensibile ma è sempre preciso! grazie per il suggerimento, andrò a vedere
 
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