mercoledì, ottobre 01, 2008

 

La battaglia finale


Cordero non è semplice nella forma, ma è documentato quanto dotto. Con gratitudine riporto il suo ultimo articolo

Franco Cordero da La Repubblica del 30 settembre 2008

Il re decrepito, tema della fantasia alchimistica: le sue terre decadono; non cresce più niente.Bisogna ringiovanirlo e l’opus comincia da una “mortificatio”: nel “Viridarium chemicum” muore massacrato dai rivoltosi; in Mayer, “Scrutinium chemicum”, un lupo lo divora affinché rinasca dal fuoco (cito dalla junghiana “Psicologia e alchimia”, figure nn. 173 e 175, ed. inglese).Sir George Ripley, canonico di Bridlington (1415-90), racconta una metamorfosi meno cruenta: acquattato sotto le vesti materne, ridiventa feto; lei mangia carne di pavone e beve sangue d’un leone verde (nell’iconografia alchimistica corrisponde all’unicorno); il rinato riceve carismi da luna, sole, stelle attraverso una vergine inghirlandata il cui latte è vita; trionfa sui nemici, guarisce gl’infermi, estingue i peccati (ivi, 408 ss., e “Mysterium coniunctionis”, pp. 274-80).Non era digressione oziosa. Abbiamo un presidente del Consiglio fuori misura: cantastorie stipendiati vantano mirabilia e ne è convinto; «toccatela», diceva offrendo la mano in un convegno, «ha fatto il grano»; quanto più taumaturgo dei re che guarivano gli scrofolosi.Ma deperiscono anche i corpi regali.Nell’“Allegoria Merlini” fenomeni d’idropisia preludono alla rinascita: pronto alla battaglia, chiede da bere e beve troppo gonfiandosi; non può salire in sella; vuol sudare in una camera calda; vi rimane esanime; allora vari mediconi lo tritano, poi riplasmano con ammoniaca e nitro; cuoce nel crogiolo.Quando l’ultima stilla è caduta nel vaso sottostante, salta su gridando: dov’è il nemico?; vengano a sottomettersi; se qualcuno resiste, l’ammazza.Voleva sudare e affinarsi anche Re Lanterna, padrone degli ordigni con cui s’è fabbricato un popolo d’elettori: riposava tra fanghi, pietre vulcaniche et similia; nel quarto giorno esce, dovendo assistere al derby milanese.L’unica differenza dall’“Allegoria Merlini” è che non l’abbiano tritato: resta qual era, compatto, nerovestito, arrembante; e stermina i nemici: non vuol più sentire la parola “dialogo” (scelta semantica seria, diamogliene atto); un secco fendente decapita l’avversario, colpevole d’essersi accorto del nascente regime autoritario.Seguono due battute: la Corte costituzionale renderà ossequio al cosiddetto lodo Alfano, del cui valore un collegio del Tribunale milanese osa dubitare; altrimenti, e la voce assume toni gravi, ha in serbo una «profonda riflessione sull’intero sistema giudiziario». Parlava chiaro: qualcuno s’illude d’imprigionarlo in ragnatele legali?; gl’istogrammi dei consensi dicono chi comandi; avendo l’“omnipotence de la majorité”, fa quel che vuole; può rifondare Carta, codici, personale. Non lo fermano due o tre parrucche, o quante risultino determinanti dell’ipotetica decisione ostile: s’infuria ogniqualvolta dei giudici non deliberino nei termini convenienti; è lesa maestà contraddirlo. Che lo pensi, era chiaro: gli ripugnano diritto, etica, grammatica; lo Stato è una delle sue botteghe; sinora però teneva l’idea dentro e finché stia al gioco pudibondo, l’ipocrisia vela i più tristi spettacoli. Domenica sera l’ha detto, spiazzando cosmetologhi e consiglieri legali. L’outing scoperchia retroscena visibili da chiunque non chiuda gli occhi: sarà arduo sostenere che l’immunità tuteli un interesse generale; l’ha smentito dai telegiornali, a viso duro; la pretende come scudo nei prossimi 12 anni, ritenendosi diverso da tutti, e guai se una Corte trova da eccepire. In sede morale figura male, guadagnandovi perché gli aspetti “canaille” rendono.Oltre alla disinvoltura piratesca, sinora esibiva un penchant fraudolento, dall’ascesa affaristica alle campagne mediatiche con cui tre volte s’è impadronito del potere.Stavolta siamo sul cóté violento, emerso tre mesi fa quando un emendamento al decreto sicurezza, straripando dai termini convenuti al Quirinale, minaccia scempi se non gli garantiscono l’immunità: centomila processi al diavolo; gliela votano e l’emendamento cade; caso classico d’estorsione. Eguale odore penalistico manda l’ultimo fosco messaggio: l’art. 289 c.p. incrimina «ogni fatto diretto a impedire anche temporaneamente» che la Corte eserciti le sue funzioni; e la pena va dai 10 anni in su ma è questione accademica, essendo lui immune dal processo, qualunque sia l’ipotetico reato, anche fossero in ballo i presupposti della convivenza civile.Siccome esistono precedenti italiani, vale la pena riflettere nel senso etico-intellettuale (la «profonda riflessione» prospettata domenica 28 settembre era minaccia oscura).Raccomandiamo l’argomento ai liberal, cultori d’uno Stato democratico moderno: così dicono abusando delle parole; il plutocrate allevato dal vecchio malaffare politico, campione d’un grossolano populismo, configura fenomeni né moderni né liberali.L’analogia colpisce l’occhio perché i discorsi de quibus corrono sotto la stessa illustre testata. Post ottobre 1922 LuigiAlbertini, formidabile tecnocrate della cura d’anime giornalistica, ha la coscienza inquieta: non l’ammette, anzi ripete vecchie invettive esorcistiche; a sentire lui, le sventure italiane vengono da Giolitti, ma i cinque volumi dei “Venti anni di vita politica” dicono quanto basta al giudizio storico.Rivisti gli eventi a testa fredda, gli restano pochi motivi d’orgoglio: insisteva nell’assurdo tentativo d’escludere le masse dalla scena politica; patrocinava teste piccole e torbide come Sonnino e Salandra; guerrafondaio quando è chiaro che nel caso migliore l’Italia uscirebbe stravolta; sostiene lo squadrismo fascista, reazione salutare al pericolo rosso, nonché alla neoplasia cattolica. Dio sa come potesse vedere nei fascisti un partito liberale giovane; e ancora dopo l’insediamento mussoliniano spera una metamorfosi virtuosa, ma precede tutti gli esponenti del vecchio establishment nel dissenso: in extremis salva l’anima. Siamo a quel punto? Il teatro storico non concede bis perfetti: nello scenario 2008, ad esempio, manca l’equivalente d’un braccio armato del regime qual era la Milizia volontaria; cose d’allora sono impensabili oggi, fermo restando lo sfondo antropologico (Achille Starace e vari altri vengono su come funghi).L’analogia sta nel grave pericolo. Sotto qualche aspetto rischiamo più d’allora: Mussolini era uomo politico, con difetti calamitosi ma non affarista né pirata; e intellettualmente valeva alquanto più del musicante da crociera, impresario edile, piduista, spacciatore del loto televisivo. Nelle desinenze latine s’equivalgono: «unguibus et rostribus», declama il furibondo maestro elementare romagnolo; l’altro, laureato, infila nella loquela d’imbonimento un «simul stabunt, simul cadunt», ma racconta d’ avere tradotto Erasmo, il cui latino umanistico non é dei più facili.

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