martedì, giugno 13, 2006

 

REFERENDUM COSTITUZIONALE: leggi, partecipa, vota!


Cari amici, come sapete il 25 e il 26 giugno si potrà votare per confermare o meno, mediante referendum, le consistenti modifiche (50 articoli cambiati + 3 nuovi) apportate alla Costituzione dal vecchio Parlamento su iniziativa dell’allora Presidente del Consiglio. Data l’importanza dell’argomento – la Carta Costituzionale, come a suo tempo la Magna Charta, “non conosce sovrani”! – ho voluto documentarmi per evitare un voto “viscerale”. Ho consultato fonti del Sì e fonti del No e letto entrambi i testi e propongo qui le riflessioni che mi sembrano più importanti.

1. La rappresentanza. I parlamentari rappresentano ancora la Nazione ed esercitano sempre le funzioni “senza vincolo di mandato”. Cosa giusta, spesso ignorata nei comportamenti, ma valida comunque per tutti indistintamente. Tuttavia nella nuova camera dei deputati (unica perché l’attuale senato, pur fatto da eletti su base regionale, è soppresso), questi non godono degli stessi diritti. Solo i deputati appartenenti alla maggioranza possono votare la “sfiducia costruttiva”, evitare lo scioglimento delle camere e indicare un nuovo Primo Ministro da impegnare sul programma della maggioranza. I deputati dell’opposizione non hanno diritto di voto. Altro che rappresentare la Nazione!

2. I poteri. Solo un buon equilibrio dei poteri è garanzia di un buon funzionamento delle istituzioni, (persino nel gioco del poker non esiste una combinazione di carte sicuramente vincente!), ma nella nuova Carta si manifesta uno sbilanciamento rilevante. È la camera, e non viceversa, ad avere bisogno della fiducia del Primo Ministro; questi può imporre lo scioglimento al Presidente della Repubblica, che perde l’autonoma di questa facoltà. Inoltre si profilano conflitti di competenza interni al potere legislativo, con l’istituzione del Senato Federale (questa discutibile camera legifera solo in materie non riservate allo Stato o alle Regioni, ma non è indipendente dal Governo che può imporre modifiche alle sue leggi) e la conseguente soppressione del sistema bicamerale. Ci saranno leggi varate della camera, dal senato, leggi bicamerali, leggi del senato modificate dal governo, proposte di modifica del senato a leggi della camera, commissioni e comitati paritetici per il contenzioso in materia… bella semplificazione! Altri squilibri derivano dal rafforzamento della componente politica del Consiglio Superiore della Magistratura e della Corte Costituzionale.

3. La chiarezza. Ho sempre avuto caro il mio libricino 1095 collezione legale di Pirola con il testo della Costituzione. Un testo anche molto difficile, ma chiaro, molto più chiaro e sintetico delle leggi ordinarie, come ci si aspetta della Legge delle Leggi. Pensiamo a esempio alle nove parole dell’art. 70: la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due camere. Il nuovo art. 70, vi risparmio il testo, è fatto da 585 parole, con 11 rinvii a 9 diversi articoli della costituzione stessa, comma vari, e una serie di precisazioni e distinzioni, sempre all’insegna della semplicità, naturalmente!

4. I valori. La Costituzione è per definizione una Legge che traduce i valori fondanti di una società in criteri generali che regolino la vita futura della collettività, al di là delle diverse situazioni contingenti che potranno emergere. Sono valori vivi che tutelano i diritti e la libertà dei cittadini, senza discriminazioni di alcun tipo; sono valori universali e democratici pensati per il futuro di tutti. Nella nostra Carta essi ispirano in particolare la I parte, che apparentemente non verrebbe toccata dalle modifiche proposte. Ma è proprio vero? Nella passata legislatura ho assistito, abbiamo assistito, ad attacchi insistenti ai valori di solidarietà, anche internazionale, che hanno riferimenti in articoli della prima parte della Costituzione. I criteri di progressività del prelievo fiscale (art. 53), l’indipendenza e la laicità dello stato (articoli 7, 8, 19), gli ideali internazionali (art. 11) sono stati messi in discussione. Con la concentrazione dei poteri nelle mani di una sola persona, sancita dall’elezione diretta e dalle modifiche oggi introdotte e non condivise né concordate con l’opposizione, risultano ancora più minacciati.

5. L’anacronismo. Le prime critiche alla Carta Costituzionale erano dettate dai disagi che viveva la Prima Repubblica, prima del crollo, ed erano conseguenze di difetti non necessariamente attribuibili alla costituzione. Le critiche di allora erano: Esecutivo debole rispetto al Parlamento; troppi “inciuci” tra maggioranza e opposizione; troppe lungaggini ostruzionistiche e troppo potere di ricatto e di veto da parte di partiti e partitini. Oggi assistiamo all’opposto: il Parlamento soccombe davanti ai voti di fiducia al Governo e ai suoi maxi-emendamenti onnicomprensivi; la maggioranza nega con arroganza il dialogo con l’opposizione in nome di un’investitura ingiustificata (dalla Costituzione); i tempi dei lavori parlamentari sono regolati e contingentati in forma assai stretta e i partiti, i partiti basta guardare come sono ridotti… a caccia esasperata di consensi.

6. La devolution. Con questo nome poco italiano e ancor meno lombardo viene presentata la modifica proposta. Il significato sembra essere quello di venire incontro alle esigenze di decentramento volute dalla Lega Nord di Bossi, con attribuzione di competenze alle regioni. Questo aspetto è presente, ma con un peso non paragonabile a quello dell’accentramento dei poteri già descritto. Sono ribadite le competenze regionali in materia di salute, istruzione e sicurezza (corpi armati), e a mio parere si affacciano pericoli di “dissolution” dello Stato (se poi si considera che nelle norme transitorie è anche possibile far nascere nuove Regioni, con referendum riservato ai soli cittadini “secessionisti”!). Si ha invece la certezza di un frastagliarsi di provvedimenti locali che renderanno meno omogenei alcuni diritti e servizi ai cittadini italiani. Più vicina all’idea di devolution è la famigerata riforma del Titolo V operata unilateralmente (un brutto precedente!) dal centro sinistra nell’altra legislatura, che, va ricordato, si basava sull’assenso espresso dall’allora opposizione (Lega, FI, AN, UDC) su questi argomenti in commissione bicamerale (istituita con apposita legge, 70 membri, tutte le componenti rappresentate), prima che quest’ultima venisse politicamente affossata.

7. Il metodo. Basterebbe da solo a determinare una scelta. Se è vero che la Costituzione deve essere il riferimento normativo e valoriale per tutti, sembra logico che la sua elaborazione spetti a tutti (i rappresentanti in nome dei rappresentati) e che la sua approvazione debba essere la più ampia possibile. Così non è stato: le modifiche di oggi si devono all’attività redazionale di 4 persone di parte (Lega, FI, AN, UDC), mentre la Costituente del 1946-47 era composta da 556 rappresentanti di tutte le componenti; abbiamo assistito a una prova di forza ingiustificata, a una riforma costituzionale presentata come parte di un programma elettorale (inaudito) e all’esibizione dell’alibi fornito dal precedente della riforma unilaterale del Titolo V, fatta dal centro sinistra, di fronte a ragionevolissime obiezioni. (vedi punto 6). Sono convinto che tra tutte le contraddizioni del provvedimento, questa, di metodo, sia anche la più importante e pesante. Una Costituzione non fondata sul contributo e sul consenso di tutte le componenti di una collettività è una contraddizione in sé, una negazione del concetto stesso di Costituzione. Non si vede in alcun modo come possa sostituirsi alla Carta che i Costituenti hanno elaborato con sforzi, discussioni e obiettivi di ben altra consistenza portata e lungimiranza.

8. Il condivisibile. Possibile che tutto vada male in questa riforma? Possibile, possibile, certamente possibile per il metodo. Ma, detto questo, nel merito potrebbero esserci parti condivisibili. Personalmente ho trovato due elementi che meritano attenzione. Uno è l’apprezzabile, a mio parere, ri-attribuzione allo Stato di competenze importanti in materia di ordinamenti generali sulla tutela della salute, sicurezza su lavoro, distribuzione dell’energia, a esempio. L’altro è la riduzione del numero dei parlamentari che viene presentata come meritoria forma di risparmio. In questo senso potrebbe essere condivisibile, tuttavia sono oscuri i criteri adottati per questa riduzione, che in ogni caso dovrebbe diventare operativa nel quinquennio 2011-2016, salvo elezioni anticipate (probabili se vincessero i Sì). Ci sono altre proposte di riduzione ispirate a criteri di funzionalità e rappresentatività e non dovrebbe mancare il tempo per poter approfondire e concordare il provvedimento in uno spirito costituzionalista. O no?

Per quanto sopra ho maturato la decisione di partecipare al referendum votando NO. Mi auguro che le prossime possibili modifiche costituzionali vengano effettuate con spirito costituzionalista!
Spero anche di non aver fatto cosa sgradita, con queste mie lunghe considerazioni, e vi chiedo di andare a votare, e votare NO, se la pensate come me. Grazie.
gufo

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